Politica e Valori



La repubblica,nell'antichità, aveva due grandi collanti: la religiosità, fonte di tutte le certezze, attraverso soprattutto quegli augures che erano i buoni auspici degli Dei nei confronti delle scelte della polis, e i valori – ciò a cui dovevano aspirare le persone dabbene (probri): rem (le sostanze), fides (il credito), honos (gli onori legati al ruolo specialmente politico), gratia (il favore, la “gloria”). Tutto questo assicurava "la dignitas": una tensione verso l’alto coinvolgente, attraverso i mezzi di comunicazione dell’epoca, per la formazione di un’unica comunità che tendeva verso l’alto grazie al ruolo dell’esempio virtuoso.( da: Il Politico.it)

mercoledì 26 dicembre 2012

LIBERALISMO E DEMOCRAZIA

I fermenti politici ed il dibattito, anche aspro,che stanno attraversando le società europee ed occidentali in generale,ma particolarmente  quella italiana, riconducono ad antichi interrogativi sul concetto di democrazia e sull'irrisolto suo rapporto con il pensiero liberale.

Specie nei momenti di crisi economica  e di derive liberiste, figlie della globalizzazione,il giudizio  pesa sulle risorse spendibili per il finanziamento delle spese sociali; quelle spese che sono proprie di una equilibrata convivenza civile all'interno di uno Stato.


L'interrogativo principale trova la sua ragione di esser posto, quantomeno da una certa corrente di pensiero, su quali siano state, siano e saranno le finalità ultime di uno Stato in democrazia.

Uno Stato che,  con le garanzie costituzionali, tende a favorire e tutelare le libertà individuali  e nei "gruppi"  e che è possibile definire come"libertà nello Stato" ma che con i meccanismi della democrazia rappresentativa riesce a tutelare anche le così dette " libertà dallo Stato".
E' proprio in quest'ultimo aspetto che si coglie il senso dell'ideologia liberale, che intende porre dei limiti ai poteri di quella Istituzione nei confronti delle libertà individuali tutelate all'interno di essa.
Sappiamo che il liberalismo è probabilmente la dottrina che ha più influenzato la concezione moderna della democrazia: si parla infatti di "liberaldemocrazia" in modo generico per indicare una moderna democrazia che non sia basata esclusivamente sulla volontà della maggioranza ma - anche e soprattutto - sul rispetto delle minoranze.

Una idea che pare l'unica sopravvissuta alle macerie  ideologiche del novecento e che si proietta con forza nel terzo millennio, ponendo le sue grandi questioni che riguardano i rapporti tra "libertà" e "responsabilità"; tra "diritto" e "dovere" ; tra scelte individuali e collettive ; tra "potere" e "legge".
 E' proprio il porre queste questioni che contiene in se  un interrogativo  sulla democrazia, sul come sarà e quale sarà il suo rapporto con il liberalismo nel prossimo futuro.

Illustri politologi hanno formulato le loro diagnosi  sulla base di un interrogativo  sul come considerare il liberalismo rispetto alla democrazia : un "prius" od un "posterius" ?
Prevarrà la concezione Lockiana  del liberalismo che, fuori dai suoi confini anglosassoni, ha prodotto la prima democrazia dell'era moderna , oppure  quella che fa riferimento al razionalismo democratico di Rousseau che ha influenzato, non poco,, le nascenti democrazie del continente europeo?


Quello che è generalmente riconosciuto è che, se per un verso  la Democrazia ha  bisogno del Liberalismo per individuare un confine che ne legittimi la sua teoria, per altro verso il Liberalismo ha bisogno della Democrazia per rendere più ampia la sfera dei diritti civili, politici e sociali.

 La necessità di ampliare la sfera dei diritti fondamentali  peccato che sia  reclamata da  un ideal-typ di liberalismo  costituito  nella sostanza da quella affermazione per la quale " la società, intesa come intero ordine sociale, con l'eccezione dello Stato, debba in generale guidarsi da se ": Le monde va  de lui-meme!
Una riedizione moderna di quel "laissez faire, laissez passer" di De Gournayana  memoria.

L'Italia,o meglio la sua politica che nei decorsi decenni  si è fortemente impegnata nella ricerca del consenso, assecondando  gli interessi anche bassi di determinate categorie  e le passioni anche torbide della massa, è protagonista (finalmente) di un dibattito acceso  su come e da quale "agenda" si possa e si debba essere pilotati verso un progressivo ma deciso cambio di rotta.Un cambiamento che ponga in sicurezza il Paese dal rischio  letale che il potere statuale venga utilizzato da chiunque ambisca alla sua conquista per sfruttarlo a suoi fini particolari.


Credo non sia tanto in discussione ciò che la teoria democratica contiene in se e cioè quella idea di eguaglianza che è alla base della nostra storia recente ed in generale di quella occidentale, quanto la sua elaborazione  interpretativa che ne determina due diversi orizzonti di senso; due paradigmi  contrapposti.
 Anche se il liberalismo ha contribuito a definire la concezione moderna di società, intesa come somma ed espressione delle varietà e singolarità umane concernenti tanto l'ambito spirituale quanto la sfera materiale, rimane da rivisitarne  l'aspetto morale  ed il concetto stesso di eguaglianza.


Non è difficile da capire che laddove l'eguaglianza coinvolga l'aspetto morale, eredità che va dal cristianesimo all'illumnismo, nella pari dignità e  nella considerazione rispettosa di ogni singolarità,da essso non possa essere disgiunto l'aspetto sociale che ne è parte integrante.

L'idea liberale nella sua particolare visione di eguaglianza, per evitare il rischio di doversi confrontare con una diseguaglianza morale ed una effettiva cancellazione della dignità delle persone come singolarità e di intere classi, propugna una generica eguaglianza sociale essa stessa  generatrice di diseguaglianze sostanziali.

Quanto, in questo anno di governo dei tecnici è stato fatto,nella sua eccessiva sottolineatura liberale della libertà individuale ha completamente trascurato di considerare prioritario  il primato dell'eguaglianza morale delle persone ,sia come singoli che come gruppi sociali.

Non sarà facile governare  due aspetti caratterizzanti ; ciò che la teoria democratica reclama : l'eguaglianza  e ciò che invece reclama il liberalismo : la libertà.
Il relativo travaglio sta tutto nella loro armonizzazione, posto che ci sono "libertà che esorbitano dalla sensibilità della democrazia  così come ci sono eguaglianze che non sono apprezzate dal liberalismo" (Sartori)


Quel che appare evidente è che se , come afferma l'idea liberale, la democrazia moderna è portatrice e caratterizza un conformismo di massa con i suoi aspetti burocratici  e con una visione dello Stato come supremo elargitore,tendendo a non considerare prioritario  l'individualismo , essa sola è in grado di regolare una società civile economicamente e socialmente sempre più complessa, rispettosa dell'individuo nella sua libertà morale e intellettuale  ed a prevedere l'estensione dei diritti individuali  a tutti i membri della comunità; queste sono in definitiva le premesse ideali del liberalismo classico!

Questo Paese, al di la delle alchimie partitiche, "merita di avere la  libertà di  poter dare il meglio di se; di consentire a tutti di  godere il massimo della equità possibile;di beneficiare di pari opportunità per costruirsi una vita dignitosa; sentirsi parte attiva di una comunità ed una democrazia vitali ; protetti contro i rischi più gravi che l'esistenza può comportare;  godere correttemente dei beni sociali quali la sanità, l'istruzione,la giustizia e la sicurezza".

Nei prossimi mesi il Paese, i cittadini, decideranno , con il loro voto, quale sarà il loro destino e la Politica che vorrano.




Quì  il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato Democrazia.
Quì ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Quì ad Atene noi facciamo così.

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Quì ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Quì ad Atene noi facciamo così.

Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti quì ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Quì ad Atene noi facciamo così.

Noi non consideriamo la discussione come ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma che la libertà sia solo il frutto del valore.
Quì ad Atene noi facciamo così.

Insomma , io proclamo che Atene è la scuola dell'Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sè una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Quì ad Atene facciamo così.

 ( Pericle Discorso agli Ateniesi , 461 a.c. )

Ma questa è stata  definita la Democrazia degli antichi !





martedì 18 dicembre 2012

I GRANDI PROGETTI

Mi è capitato, ogni qualvolta se ne parla ed anche con enfasi, di chiedermi a cosa ci rimanda l'espressione "il sogno americano"oltre alla sua connotazione quale orizzonte  materiale e che, in definitiva, non ci appartiene essendo proprio di una realtà socio-politica differente e lontana dalla nostra.
Affascina  comunque questa espressione che sottintende aspetti da recepire anche nel significato  più alto.


L' indefinibile modello di una dimensione onirica ? Un mito, si potrebbe dire  ed un costante punto di riferimento presente nell'immaginario collettivo occidentale.
Generato da un idem sentire  in un rapporto duale tra individuo ed ambiente ricco di opportunità suì quali è stata costruita una grande democrazia ,sia pure con le sue grandi contraddizioni e le sue profonde diseguaglianze e con una vocazione imperiale,simboleggiata dalla  architettura tardo imperiale romana dei suoi palazzi istituzionali e dal suo rapportarsi e collocarsi in ambito internazionale.

Una democrazia però che appare sempre più disposta a considerare l'ineguaglianza come naturale conseguenza  delle capacità individuali  e come necessario ed unico motore della crescita economica ,
 anche se ciò significa  la produzione di sempre maggiori marginalità sociali  considerate come fisiologiche.


La nostra storia nazionale, con l'epopea risorgimentale ed unitaria, narra anch'essa di un sogno; di una opportunità ,tale per tanti che per tutto questo  hanno sacrificato le loro vite, donato il loro sangue quale concime di un seme; potenziale e formidabile collante di una complementarietà, ancorchè complessa , in un comune sentire di una nascente nazione.

Un parallelo certamente poco sostenibile per dimensioni ed individualità storica. La nostra italianità  con le radici millenarie della popolazione che la compone e che pare abbia percorso un cammino senza un sogno ed ancor oggi poco consapevole della propria identità.


Mi torna inevitabilmente alla mente la storica e controversa frase del Metternich : l'Italia è soltanto una espressione geografica. Che avesse ragione ?  Spero ardentemente di no!











sabato 15 dicembre 2012

LE NORME FONDAMENTALI

L'11dicembre 2011 postai una riflessione ; una indicazione coniugata al passato :Quel Patto Costituzionale come dire quelle tavole di valori e di princìpi ispiratori della costruzione di un sentire comune  e regolatori di un cammino di progresso civile e morale che la neonata Repubblica si accingeva a percorrere all'indomani di una tragedia le cui macerie avevano travolto l'intera struttura sociale in uno scontro fratricida.

Patto fondante per una nuova comunità nazionale sulla base di diritti inalienabili sanciti e tutelati come tali.
Diritti in un impianto di carattere sociale  costituito dal lavoro, l'istruzione, la salute, la proprietà privata, con un accento posto sulla sua funzione sociale, una paritaria opportunità di crescita individuale.


La Costituzione più bella del mondo, decantano artisti, pensatori, personaggi dotti  e quanti ne conoscono contenuto e spirito.

Spesso ,questo atto fondamentale e' stato celebrato e divulgato da artisti in supplenza a chi ne dovrebbe avere la sensibilità ed il dovere pedagogico.

Tentativi con carattere di necessità,data la rivisitazione in senso regressivo degli ultimi decenni,  per iscrivere nella memoria dei singoli e della collettività il senso vero di quei princìpi valoriali e diritti ,da considerare come"repertorio esistenziale "della vita collettiva, legge fondamentale e patrimonio condiviso.






mercoledì 12 dicembre 2012

IL SOLCO DELLA DISEGUAGLIANZA

L'Italia sta vivendo la sua crisi che oltre ad essere  economica , è anche culturale, politica  ed in ultima analisi  sociale.
 E',anzitutto, la medesima crisi economica che ha investito l'Europa e possiamo ben dire il sistema occidentale nel suo complesso.


Appare chiaro però che ciascuna di queste dimensioni ha affrontato o sta affrontando il problema, non da poco, con approcci diversi, in relazione anche al pensiero politico sistemico che ,forse soltanto in Italia,si manifesta con una vera e propria lottizzazione politica della società , in una sorta di "affresco feudale", del quale ho fatto cenno in altro post relativo ad alcuni  aspetti antropologici che ci riguardano come italiani.

In questa realtà la  politica si è dimostrata incapace di proporre una visione reale ed organica di quale futuro porre all'orizzonte del suo operare ,perchè ormai carente di un pensiero filosofico che ne illumini il percorso tra l'altro fortemente condizionato da una oscura deriva con grande capacità di catturare un immaginario collettivo ormai  impoverito di stimoli culturali ed etici fino ad arrivare ad una accettazione sociale della bugia, anche quella che si manifesta senza alcun rispetto della coerenza cui la classe politica dovrebbe essere tenuta.


Lo intravediamo, lo sperimentiamo sulla nostra pelle ed in tutti gli aspetti della vita quotidiana quale sia il modello di vita che l'attuale e pare unico pensiero  ci pone come nostro orizzonte.

Il modello di un certo tipo di sviluppo; quello del "produci, consuma e crepa"tanto caro al pensiero  neo liberista di cui è testimone autorevole l'ultima e morente  "governance" italiana  a guida di "decision maker", epigoni nella sostanza di chi li ha preceduti e che è, anchessa , giunta alla fine del percorso concesso  come  utile per poter in seguito  affermare di avere le mani "pulite" dei sacrifici" necessariamente"imposti ed il cuore vicino ai cittadini con i loro problemi esistenziali. Sfacciata ipocrisia!!


Quel pensiero che qualifica i cosiddetti "produttori di ricchezza"  come "marea che innalza tanto lo yacht del miliardario quanto la barchetta del pescatore";curiosa visione di crescita ed interesse collettivo.
Si nasconde  però che ,quella che viene spacciata  come  marea che "innalza",è anche qualcosa d'altro, cioè generatrice di  un solco che può diventare tanto più profondo quanto più grande è l'ingiusta distribuzione della ricchezza.
Va da se che  una società portatrice di tali disuguaglianze è una società destinata al declino ed alla disgregazione.Questo non sembra essere preoccupazione delle classi dirigenti del nostro paese o quanto meno di tanta parte di esse.

Le diseguaglianze e la crisi sociale, finalmente palesatisi in tutta la loro gravità, non sono serviti a molto  poichè, sull'onda del disagio sociale,si sono  riaccesi gli appetiti  di gruppi di interesse  particolari, fino ad oggi silenti  e pronti a riprendere  l'opera  rimasta in quescenza per via della crisi dell'Euro e della possibilità di lasciare ad altri la paternità di decisioni a loro gradite tanto quanto sgradite alla massa elettorale.

Personalmente mi ha sorpreso non poco leggere della sfida lanciata da Daniel Haltaman, economista di prestigio, con la sua proposta di tassare ,negli USA ,la ricchezza e non il reddito per contribuire alla riduzione delle diseguaglianze, posto che è sul fronte dell'accumulazione diseguale della ricchezza che si scava quel solco.

E' una idea condivisibile  anche se tassare determinati beni come espressione di ricchezza potrebbe essere ingiusto poichè la possibilità di acquistare un bene può anche essere frutto di rinunce verso altri tipi di consumi.
Una tassazione generale sulla ricchezza, realizzata tramite una modesta imposta proporzionale gravante su tutta la ricchezza personale, sarebbe molto più equa che una sequela di imposte su singoli beni.

In Italia,come in Europa,salvo l'eccezione francese, la sfida proposta va nella direzione opposta .  la soluzione dei gravi problemi da risolvere era stata riposta nelle mani di un teem di "competenti" che ,in definitiva si è articolata con attegiamenti poco negoziali e pragmatici, da "problem solving men"e che ha portato come frutto  la realizzazione di riforme che, purtroppo, sono andate  ed andranno sempre più ad incidere sugli orizzonti esistenziali delle persone comuni e ad un annichilimento del ruolo sociale della mano pubblica ma  esentando dal doveroso contributo al risanamento  coloro per i quali tale contributo non sarebbe sacrificio insopportabile.

L'errore fatale,se di errore si può parlare : Il risanamento per mezzo della fiscalità generale,della finanza  privata, considerata propedeutica ad una stabilità monetaria ad uso dei mercati speculativi e nessuna concreta azione e poco o nulla risorse a favore delle classi medie; della economia reale per evitarne la recessione.



Si è partiti con un attacco al sistema pensionistico che nella raltà dei fatti ha decretato per i giovani  un destino senza tempo in una  indefinita attesa  di una disponibilità di posti di lavoro che non si potrà realizzare nemmeno con il decesso dei padri trasformatisi via via in nonni, impedendo loro a considerare fattibile  una legittima  progettualità per la costruzione di un nucleo familiare in un orizzonte futuribile.

Questo per dire che nemmeno un eventuale patto generazionale  sarebbe ormai in grado di risolvere questo problema  che ha le sue origini nella variabilità dei fattori che muovono l'economia  in generale nelle sue fasi di crescita o di decrescita ; fattori che sono gli investimenti  in innovazione, la gestione del capitale umano con i suoi diritti irrinunciabili, quindi la combinazione  virtuosa e lungimirante di questi fattori, insieme ad altri da parte delle classi imprenditoriali e della classe politica.

La cronaca politica ci informa che il problema principale in Italia  oggi è costituito dalla impossibilità di gestire un responsabile traghettamento del paese tra i flutti di una crisi ancora non risolta.