I fermenti politici ed il dibattito, anche aspro,che stanno attraversando le società europee ed occidentali in generale,ma particolarmente quella italiana, riconducono ad antichi interrogativi sul concetto di democrazia e sull'irrisolto suo rapporto con il pensiero liberale.
Specie nei momenti di crisi economica e di derive liberiste, figlie della globalizzazione,il giudizio pesa sulle risorse spendibili per il finanziamento delle spese sociali; quelle spese che sono proprie di una equilibrata convivenza civile all'interno di uno Stato.
L'interrogativo principale trova la sua ragione di esser posto, quantomeno da una certa corrente di pensiero, su quali siano state, siano e saranno le finalità ultime di uno Stato in democrazia.
Uno Stato che, con le garanzie costituzionali, tende a favorire e tutelare le libertà individuali e nei "gruppi" e che è possibile definire come"libertà nello Stato" ma che con i meccanismi della democrazia rappresentativa riesce a tutelare anche le così dette " libertà dallo Stato".
E' proprio in quest'ultimo aspetto che si coglie il senso dell'ideologia liberale, che intende porre dei limiti ai poteri di quella Istituzione nei confronti delle libertà individuali tutelate all'interno di essa.
Sappiamo che il liberalismo è probabilmente la dottrina che ha più influenzato la concezione moderna della
democrazia: si parla infatti di "liberaldemocrazia" in modo generico per indicare una moderna democrazia che
non sia basata esclusivamente sulla volontà della maggioranza ma - anche e soprattutto - sul rispetto delle minoranze.
Una idea che pare l'unica sopravvissuta alle macerie ideologiche del novecento e che si proietta con forza nel terzo millennio, ponendo le sue grandi questioni che riguardano i rapporti tra "libertà" e "responsabilità"; tra "diritto" e "dovere" ; tra scelte individuali e collettive ; tra "potere" e "legge".
E' proprio il porre queste questioni che contiene in se un interrogativo sulla democrazia, sul come sarà e quale sarà il suo rapporto con il liberalismo nel prossimo futuro.
Illustri politologi hanno formulato le loro diagnosi sulla base di un interrogativo sul come considerare il liberalismo rispetto alla democrazia : un "prius" od un "posterius" ?
Prevarrà la concezione Lockiana del liberalismo che, fuori dai suoi confini anglosassoni, ha prodotto la prima democrazia dell'era moderna , oppure quella che fa riferimento al razionalismo democratico di Rousseau che ha influenzato, non poco,, le nascenti democrazie del continente europeo?
Quello che è generalmente riconosciuto è che, se per un verso la Democrazia ha bisogno del Liberalismo per individuare un confine che ne legittimi la sua teoria, per altro verso il Liberalismo ha bisogno della Democrazia per rendere più ampia la sfera dei diritti civili, politici e sociali.
La necessità di ampliare la sfera dei diritti fondamentali peccato che sia reclamata da un ideal-typ di liberalismo costituito nella
sostanza da quella affermazione per la quale " la società, intesa come
intero ordine sociale, con l'eccezione dello Stato, debba in generale
guidarsi da se ": Le monde va de lui-meme!
Una riedizione moderna di quel "laissez faire, laissez passer" di De Gournayana memoria.
L'Italia,o meglio la sua politica che nei decorsi decenni si è fortemente impegnata nella ricerca del consenso, assecondando gli interessi anche bassi di determinate categorie e le passioni anche torbide della massa, è protagonista (finalmente) di un dibattito acceso su come e da quale "agenda" si possa e si debba essere pilotati verso un progressivo ma deciso cambio di rotta.Un cambiamento che ponga in sicurezza il Paese dal rischio letale che il potere statuale venga utilizzato da chiunque ambisca alla sua conquista per sfruttarlo a suoi fini particolari.
Credo non sia tanto in discussione ciò che la teoria democratica contiene in se e cioè quella idea di eguaglianza che è alla base della nostra storia recente ed in generale di quella occidentale, quanto la sua elaborazione interpretativa che ne determina due diversi orizzonti di senso; due paradigmi contrapposti.
Anche se il liberalismo ha contribuito a definire la concezione moderna di società, intesa come somma ed
espressione delle varietà e singolarità umane concernenti tanto l'ambito spirituale quanto la sfera materiale, rimane da rivisitarne l'aspetto morale ed il concetto stesso di eguaglianza.
Non è difficile da capire che laddove l'eguaglianza coinvolga l'aspetto morale, eredità che va dal cristianesimo all'illumnismo, nella pari dignità e nella considerazione rispettosa di ogni singolarità,da essso non possa essere disgiunto l'aspetto sociale che ne è parte integrante.
L'idea liberale nella sua particolare visione di eguaglianza, per evitare il rischio di doversi confrontare con una diseguaglianza morale ed una effettiva cancellazione della dignità delle persone come singolarità e di intere classi, propugna una generica eguaglianza sociale essa stessa generatrice di diseguaglianze sostanziali.
Quanto, in questo anno di governo dei tecnici è stato fatto,nella sua eccessiva sottolineatura liberale della libertà individuale ha completamente trascurato di considerare prioritario il primato dell'eguaglianza morale delle persone ,sia come singoli che come gruppi sociali.
Non sarà facile governare due aspetti caratterizzanti ; ciò che la teoria democratica reclama : l'eguaglianza e ciò che invece reclama il liberalismo : la libertà.
Il relativo travaglio sta tutto nella loro armonizzazione, posto che ci sono "libertà che esorbitano dalla sensibilità della democrazia così come ci sono eguaglianze che non sono apprezzate dal liberalismo" (Sartori)
Quel che appare evidente è che se , come afferma l'idea liberale, la democrazia moderna è portatrice e caratterizza un conformismo di massa con i suoi aspetti burocratici e con una visione dello Stato come supremo elargitore,tendendo a non considerare prioritario l'individualismo , essa sola è in grado di regolare una società civile economicamente e socialmente sempre più complessa, rispettosa dell'individuo nella sua libertà morale e intellettuale ed a prevedere l'estensione dei diritti individuali a tutti i membri della comunità; queste sono in definitiva le premesse ideali del liberalismo classico!
Questo Paese, al di la delle alchimie partitiche, "merita di avere la libertà di poter dare il meglio di se; di consentire a tutti di godere il massimo della equità possibile;di beneficiare di pari opportunità per costruirsi una vita dignitosa; sentirsi parte attiva di una comunità ed una democrazia vitali ; protetti contro i rischi più gravi che l'esistenza può comportare; godere correttemente dei beni sociali quali la sanità, l'istruzione,la giustizia e la sicurezza".
Nei prossimi mesi il Paese, i cittadini, decideranno , con il loro voto, quale sarà il loro destino e la Politica che vorrano.
Quì il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato Democrazia.
Quì ad Atene noi facciamo così.
Le
leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute
private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Quando
un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri,
chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una
ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Quì ad Atene noi facciamo così.
La
libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non
siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro
prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un
cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle
proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici
affari per risolvere le sue questioni private.
Quì ad Atene noi facciamo così.
Ci
è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato
anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo
proteggere coloro che ricevono offesa.
E
ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che
risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è
buon senso.
Quì ad Atene noi facciamo così.
Un
uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo,
ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una
politica, beh tutti quì ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Quì ad Atene noi facciamo così.
Noi non consideriamo la discussione come ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma che la libertà sia solo il frutto del valore.
Quì ad Atene noi facciamo così.
Insomma , io proclamo che Atene è la scuola dell'Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sè una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Quì ad Atene facciamo così.
( Pericle Discorso agli Ateniesi , 461 a.c. )
Ma questa è stata definita la Democrazia degli antichi !
Trasformazioni in atto nella Società e come la Politica,con le sue azioni,le influenza.
Politica e Valori
mercoledì 26 dicembre 2012
martedì 18 dicembre 2012
I GRANDI PROGETTI
Mi è capitato, ogni qualvolta se ne parla ed anche con enfasi, di chiedermi a cosa ci rimanda l'espressione "il sogno americano"oltre alla sua connotazione quale orizzonte materiale e che, in definitiva, non ci appartiene essendo proprio di una realtà socio-politica differente e lontana dalla nostra.
Affascina comunque questa espressione che sottintende aspetti da recepire anche nel significato più alto.
L' indefinibile modello di una dimensione onirica ? Un mito, si potrebbe dire ed un costante punto di riferimento presente nell'immaginario collettivo occidentale.
Generato da un idem sentire in un rapporto duale tra individuo ed ambiente ricco di opportunità suì quali è stata costruita una grande democrazia ,sia pure con le sue grandi contraddizioni e le sue profonde diseguaglianze e con una vocazione imperiale,simboleggiata dalla architettura tardo imperiale romana dei suoi palazzi istituzionali e dal suo rapportarsi e collocarsi in ambito internazionale.
Una democrazia però che appare sempre più disposta a considerare l'ineguaglianza come naturale conseguenza delle capacità individuali e come necessario ed unico motore della crescita economica ,
anche se ciò significa la produzione di sempre maggiori marginalità sociali considerate come fisiologiche.
La nostra storia nazionale, con l'epopea risorgimentale ed unitaria, narra anch'essa di un sogno; di una opportunità ,tale per tanti che per tutto questo hanno sacrificato le loro vite, donato il loro sangue quale concime di un seme; potenziale e formidabile collante di una complementarietà, ancorchè complessa , in un comune sentire di una nascente nazione.
Un parallelo certamente poco sostenibile per dimensioni ed individualità storica. La nostra italianità con le radici millenarie della popolazione che la compone e che pare abbia percorso un cammino senza un sogno ed ancor oggi poco consapevole della propria identità.
Mi torna inevitabilmente alla mente la storica e controversa frase del Metternich : l'Italia è soltanto una espressione geografica. Che avesse ragione ? Spero ardentemente di no!
Affascina comunque questa espressione che sottintende aspetti da recepire anche nel significato più alto.
L' indefinibile modello di una dimensione onirica ? Un mito, si potrebbe dire ed un costante punto di riferimento presente nell'immaginario collettivo occidentale.
Generato da un idem sentire in un rapporto duale tra individuo ed ambiente ricco di opportunità suì quali è stata costruita una grande democrazia ,sia pure con le sue grandi contraddizioni e le sue profonde diseguaglianze e con una vocazione imperiale,simboleggiata dalla architettura tardo imperiale romana dei suoi palazzi istituzionali e dal suo rapportarsi e collocarsi in ambito internazionale.
Una democrazia però che appare sempre più disposta a considerare l'ineguaglianza come naturale conseguenza delle capacità individuali e come necessario ed unico motore della crescita economica ,
anche se ciò significa la produzione di sempre maggiori marginalità sociali considerate come fisiologiche.
La nostra storia nazionale, con l'epopea risorgimentale ed unitaria, narra anch'essa di un sogno; di una opportunità ,tale per tanti che per tutto questo hanno sacrificato le loro vite, donato il loro sangue quale concime di un seme; potenziale e formidabile collante di una complementarietà, ancorchè complessa , in un comune sentire di una nascente nazione.
Un parallelo certamente poco sostenibile per dimensioni ed individualità storica. La nostra italianità con le radici millenarie della popolazione che la compone e che pare abbia percorso un cammino senza un sogno ed ancor oggi poco consapevole della propria identità.
Mi torna inevitabilmente alla mente la storica e controversa frase del Metternich : l'Italia è soltanto una espressione geografica. Che avesse ragione ? Spero ardentemente di no!
sabato 15 dicembre 2012
LE NORME FONDAMENTALI
L'11dicembre 2011 postai una riflessione ; una indicazione coniugata al passato :Quel Patto Costituzionale come dire quelle tavole di valori e di princìpi ispiratori della costruzione di un sentire comune e regolatori di un cammino di progresso civile e morale che la neonata Repubblica si accingeva a percorrere all'indomani di una tragedia le cui macerie avevano travolto l'intera struttura sociale in uno scontro fratricida.
Patto fondante per una nuova comunità nazionale sulla base di diritti inalienabili sanciti e tutelati come tali.
Diritti in un impianto di carattere sociale costituito dal lavoro, l'istruzione, la salute, la proprietà privata, con un accento posto sulla sua funzione sociale, una paritaria opportunità di crescita individuale.
La Costituzione più bella del mondo, decantano artisti, pensatori, personaggi dotti e quanti ne conoscono contenuto e spirito.
Spesso ,questo atto fondamentale e' stato celebrato e divulgato da artisti in supplenza a chi ne dovrebbe avere la sensibilità ed il dovere pedagogico.
Tentativi con carattere di necessità,data la rivisitazione in senso regressivo degli ultimi decenni, per iscrivere nella memoria dei singoli e della collettività il senso vero di quei princìpi valoriali e diritti ,da considerare come"repertorio esistenziale "della vita collettiva, legge fondamentale e patrimonio condiviso.
Patto fondante per una nuova comunità nazionale sulla base di diritti inalienabili sanciti e tutelati come tali.
Diritti in un impianto di carattere sociale costituito dal lavoro, l'istruzione, la salute, la proprietà privata, con un accento posto sulla sua funzione sociale, una paritaria opportunità di crescita individuale.
La Costituzione più bella del mondo, decantano artisti, pensatori, personaggi dotti e quanti ne conoscono contenuto e spirito.
Spesso ,questo atto fondamentale e' stato celebrato e divulgato da artisti in supplenza a chi ne dovrebbe avere la sensibilità ed il dovere pedagogico.
Tentativi con carattere di necessità,data la rivisitazione in senso regressivo degli ultimi decenni, per iscrivere nella memoria dei singoli e della collettività il senso vero di quei princìpi valoriali e diritti ,da considerare come"repertorio esistenziale "della vita collettiva, legge fondamentale e patrimonio condiviso.
mercoledì 12 dicembre 2012
IL SOLCO DELLA DISEGUAGLIANZA
L'Italia sta vivendo la sua crisi che oltre ad essere economica , è anche culturale, politica ed in ultima analisi sociale.
E',anzitutto, la medesima crisi economica che ha investito l'Europa e possiamo ben dire il sistema occidentale nel suo complesso.
Appare chiaro però che ciascuna di queste dimensioni ha affrontato o sta affrontando il problema, non da poco, con approcci diversi, in relazione anche al pensiero politico sistemico che ,forse soltanto in Italia,si manifesta con una vera e propria lottizzazione politica della società , in una sorta di "affresco feudale", del quale ho fatto cenno in altro post relativo ad alcuni aspetti antropologici che ci riguardano come italiani.
In questa realtà la politica si è dimostrata incapace di proporre una visione reale ed organica di quale futuro porre all'orizzonte del suo operare ,perchè ormai carente di un pensiero filosofico che ne illumini il percorso tra l'altro fortemente condizionato da una oscura deriva con grande capacità di catturare un immaginario collettivo ormai impoverito di stimoli culturali ed etici fino ad arrivare ad una accettazione sociale della bugia, anche quella che si manifesta senza alcun rispetto della coerenza cui la classe politica dovrebbe essere tenuta.
Lo intravediamo, lo sperimentiamo sulla nostra pelle ed in tutti gli aspetti della vita quotidiana quale sia il modello di vita che l'attuale e pare unico pensiero ci pone come nostro orizzonte.
Il modello di un certo tipo di sviluppo; quello del "produci, consuma e crepa"tanto caro al pensiero neo liberista di cui è testimone autorevole l'ultima e morente "governance" italiana a guida di "decision maker", epigoni nella sostanza di chi li ha preceduti e che è, anchessa , giunta alla fine del percorso concesso come utile per poter in seguito affermare di avere le mani "pulite" dei sacrifici" necessariamente"imposti ed il cuore vicino ai cittadini con i loro problemi esistenziali. Sfacciata ipocrisia!!
Quel pensiero che qualifica i cosiddetti "produttori di ricchezza" come "marea che innalza tanto lo yacht del miliardario quanto la barchetta del pescatore";curiosa visione di crescita ed interesse collettivo.
Si nasconde però che ,quella che viene spacciata come marea che "innalza",è anche qualcosa d'altro, cioè generatrice di un solco che può diventare tanto più profondo quanto più grande è l'ingiusta distribuzione della ricchezza.
Va da se che una società portatrice di tali disuguaglianze è una società destinata al declino ed alla disgregazione.Questo non sembra essere preoccupazione delle classi dirigenti del nostro paese o quanto meno di tanta parte di esse.
Le diseguaglianze e la crisi sociale, finalmente palesatisi in tutta la loro gravità, non sono serviti a molto poichè, sull'onda del disagio sociale,si sono riaccesi gli appetiti di gruppi di interesse particolari, fino ad oggi silenti e pronti a riprendere l'opera rimasta in quescenza per via della crisi dell'Euro e della possibilità di lasciare ad altri la paternità di decisioni a loro gradite tanto quanto sgradite alla massa elettorale.
Personalmente mi ha sorpreso non poco leggere della sfida lanciata da Daniel Haltaman, economista di prestigio, con la sua proposta di tassare ,negli USA ,la ricchezza e non il reddito per contribuire alla riduzione delle diseguaglianze, posto che è sul fronte dell'accumulazione diseguale della ricchezza che si scava quel solco.
E' una idea condivisibile anche se tassare determinati beni come espressione di ricchezza potrebbe essere ingiusto poichè la possibilità di acquistare un bene può anche essere frutto di rinunce verso altri tipi di consumi.
Una tassazione generale sulla ricchezza, realizzata tramite una modesta imposta proporzionale gravante su tutta la ricchezza personale, sarebbe molto più equa che una sequela di imposte su singoli beni.
In Italia,come in Europa,salvo l'eccezione francese, la sfida proposta va nella direzione opposta . la soluzione dei gravi problemi da risolvere era stata riposta nelle mani di un teem di "competenti" che ,in definitiva si è articolata con attegiamenti poco negoziali e pragmatici, da "problem solving men"e che ha portato come frutto la realizzazione di riforme che, purtroppo, sono andate ed andranno sempre più ad incidere sugli orizzonti esistenziali delle persone comuni e ad un annichilimento del ruolo sociale della mano pubblica ma esentando dal doveroso contributo al risanamento coloro per i quali tale contributo non sarebbe sacrificio insopportabile.
L'errore fatale,se di errore si può parlare : Il risanamento per mezzo della fiscalità generale,della finanza privata, considerata propedeutica ad una stabilità monetaria ad uso dei mercati speculativi e nessuna concreta azione e poco o nulla risorse a favore delle classi medie; della economia reale per evitarne la recessione.
Si è partiti con un attacco al sistema pensionistico che nella raltà dei fatti ha decretato per i giovani un destino senza tempo in una indefinita attesa di una disponibilità di posti di lavoro che non si potrà realizzare nemmeno con il decesso dei padri trasformatisi via via in nonni, impedendo loro a considerare fattibile una legittima progettualità per la costruzione di un nucleo familiare in un orizzonte futuribile.
Questo per dire che nemmeno un eventuale patto generazionale sarebbe ormai in grado di risolvere questo problema che ha le sue origini nella variabilità dei fattori che muovono l'economia in generale nelle sue fasi di crescita o di decrescita ; fattori che sono gli investimenti in innovazione, la gestione del capitale umano con i suoi diritti irrinunciabili, quindi la combinazione virtuosa e lungimirante di questi fattori, insieme ad altri da parte delle classi imprenditoriali e della classe politica.
La cronaca politica ci informa che il problema principale in Italia oggi è costituito dalla impossibilità di gestire un responsabile traghettamento del paese tra i flutti di una crisi ancora non risolta.
E',anzitutto, la medesima crisi economica che ha investito l'Europa e possiamo ben dire il sistema occidentale nel suo complesso.
Appare chiaro però che ciascuna di queste dimensioni ha affrontato o sta affrontando il problema, non da poco, con approcci diversi, in relazione anche al pensiero politico sistemico che ,forse soltanto in Italia,si manifesta con una vera e propria lottizzazione politica della società , in una sorta di "affresco feudale", del quale ho fatto cenno in altro post relativo ad alcuni aspetti antropologici che ci riguardano come italiani.
In questa realtà la politica si è dimostrata incapace di proporre una visione reale ed organica di quale futuro porre all'orizzonte del suo operare ,perchè ormai carente di un pensiero filosofico che ne illumini il percorso tra l'altro fortemente condizionato da una oscura deriva con grande capacità di catturare un immaginario collettivo ormai impoverito di stimoli culturali ed etici fino ad arrivare ad una accettazione sociale della bugia, anche quella che si manifesta senza alcun rispetto della coerenza cui la classe politica dovrebbe essere tenuta.
Lo intravediamo, lo sperimentiamo sulla nostra pelle ed in tutti gli aspetti della vita quotidiana quale sia il modello di vita che l'attuale e pare unico pensiero ci pone come nostro orizzonte.
Il modello di un certo tipo di sviluppo; quello del "produci, consuma e crepa"tanto caro al pensiero neo liberista di cui è testimone autorevole l'ultima e morente "governance" italiana a guida di "decision maker", epigoni nella sostanza di chi li ha preceduti e che è, anchessa , giunta alla fine del percorso concesso come utile per poter in seguito affermare di avere le mani "pulite" dei sacrifici" necessariamente"imposti ed il cuore vicino ai cittadini con i loro problemi esistenziali. Sfacciata ipocrisia!!
Quel pensiero che qualifica i cosiddetti "produttori di ricchezza" come "marea che innalza tanto lo yacht del miliardario quanto la barchetta del pescatore";curiosa visione di crescita ed interesse collettivo.
Si nasconde però che ,quella che viene spacciata come marea che "innalza",è anche qualcosa d'altro, cioè generatrice di un solco che può diventare tanto più profondo quanto più grande è l'ingiusta distribuzione della ricchezza.
Va da se che una società portatrice di tali disuguaglianze è una società destinata al declino ed alla disgregazione.Questo non sembra essere preoccupazione delle classi dirigenti del nostro paese o quanto meno di tanta parte di esse.
Le diseguaglianze e la crisi sociale, finalmente palesatisi in tutta la loro gravità, non sono serviti a molto poichè, sull'onda del disagio sociale,si sono riaccesi gli appetiti di gruppi di interesse particolari, fino ad oggi silenti e pronti a riprendere l'opera rimasta in quescenza per via della crisi dell'Euro e della possibilità di lasciare ad altri la paternità di decisioni a loro gradite tanto quanto sgradite alla massa elettorale.
Personalmente mi ha sorpreso non poco leggere della sfida lanciata da Daniel Haltaman, economista di prestigio, con la sua proposta di tassare ,negli USA ,la ricchezza e non il reddito per contribuire alla riduzione delle diseguaglianze, posto che è sul fronte dell'accumulazione diseguale della ricchezza che si scava quel solco.
E' una idea condivisibile anche se tassare determinati beni come espressione di ricchezza potrebbe essere ingiusto poichè la possibilità di acquistare un bene può anche essere frutto di rinunce verso altri tipi di consumi.
Una tassazione generale sulla ricchezza, realizzata tramite una modesta imposta proporzionale gravante su tutta la ricchezza personale, sarebbe molto più equa che una sequela di imposte su singoli beni.
In Italia,come in Europa,salvo l'eccezione francese, la sfida proposta va nella direzione opposta . la soluzione dei gravi problemi da risolvere era stata riposta nelle mani di un teem di "competenti" che ,in definitiva si è articolata con attegiamenti poco negoziali e pragmatici, da "problem solving men"e che ha portato come frutto la realizzazione di riforme che, purtroppo, sono andate ed andranno sempre più ad incidere sugli orizzonti esistenziali delle persone comuni e ad un annichilimento del ruolo sociale della mano pubblica ma esentando dal doveroso contributo al risanamento coloro per i quali tale contributo non sarebbe sacrificio insopportabile.
L'errore fatale,se di errore si può parlare : Il risanamento per mezzo della fiscalità generale,della finanza privata, considerata propedeutica ad una stabilità monetaria ad uso dei mercati speculativi e nessuna concreta azione e poco o nulla risorse a favore delle classi medie; della economia reale per evitarne la recessione.
Si è partiti con un attacco al sistema pensionistico che nella raltà dei fatti ha decretato per i giovani un destino senza tempo in una indefinita attesa di una disponibilità di posti di lavoro che non si potrà realizzare nemmeno con il decesso dei padri trasformatisi via via in nonni, impedendo loro a considerare fattibile una legittima progettualità per la costruzione di un nucleo familiare in un orizzonte futuribile.
Questo per dire che nemmeno un eventuale patto generazionale sarebbe ormai in grado di risolvere questo problema che ha le sue origini nella variabilità dei fattori che muovono l'economia in generale nelle sue fasi di crescita o di decrescita ; fattori che sono gli investimenti in innovazione, la gestione del capitale umano con i suoi diritti irrinunciabili, quindi la combinazione virtuosa e lungimirante di questi fattori, insieme ad altri da parte delle classi imprenditoriali e della classe politica.
La cronaca politica ci informa che il problema principale in Italia oggi è costituito dalla impossibilità di gestire un responsabile traghettamento del paese tra i flutti di una crisi ancora non risolta.
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