La storia delle società umane è fatta da un continuo trascendimento dei bisogni che poi si compendiano nei cosiddetti " bisogni sociali " ed è a questi ultimi che la politica e le istituzioni fanno riferimento.
Da questo ragionamento ne deriva che la creazione sociale dei bisogni è ciò che definisce l'orizzonte di senso delle società ed è essa stessa che produce i significati, conferisce valore alle cose e struttura di conseguenza la loro identità.
La mia sensazione è che ormai si siano smarriti quegli orizzonti di senso , propri di una crescita sociale equilibrata e che una nuova direzione sia divenuta maggioritaria e socialmente dominante: quella della eccellenza sociale, slegata dalla morale e dall'etica,con un diverso ideale socialmente condiviso perchè considerato vincente. In definitiva : chi produce ricchezza vale , ed a prescindere.
Sperimentiamo una incapacità o una non voglia di coniugare il fattore individuale con quello sociale. Non ci soffermiamo a riflettere sul fatto che siamo noi, come individui, che costituiamo la società e che ne definiamo la civiltà nella misura in cui siamo stati capaci di maturare sia individualmente che complessivamente.
In effetti, tale capacità di maturazione è da tempo condizionata da molteplici influenze esterne che, inoculando nella psiche individuale stimoli sull'immaginario, ne alterano la definizione, creando un conscio collettivo molto spesso inconsapevole e non reattivo.
Detto questo il concetto di individuo, come soggetto sociale, diventa problematico da definire ed in contrasto con l'assioma marxiano secondo cui " le classi sociali determinerebbero i modi di pensare e quindi di essere dell'individuo ."
"La società è il prodotto dei nostri bisogni ed il governo delle nostre debolezze ". (Marcel Pagnol )
Mi rendo conto che per affrontare ed analizzare questi temi occorrerebbe essere edotti sia di psicologia, se ci si vuol misurare con i comportamenti individuali, che di sociologia,se si vuol esplorare certi comportamenti nel ristretto ambito delle trasformazioni in atto nella società.
Ho sempre cercato una risposta, il più possibile razionale, alle evidenti trasformazioni in senso anche antropologico nel risvolto comportamentale, sia individuale che verso la sfera politica.
Certe risposte , non so quanto valide, le ho trovate proprio nel nesso tra "individuo ", " società " e "politica " e, nell'epoca dei media,con la comunicazione informativa e rappresentativa (mi riferisco ai programmi delle televisioni.)
Forse sarebbe corretto affermare che sia stata la sfera politica la vera artefice di questa trasformazione, assieme alla massificazione delle idee ,dei bisogni e dei gusti ( dovremmo quì parlare dell "uomo massa ") ; quella trasformazione che riguarda la progressiva perdita della diversità individuale, con le sue doti critiche e le sue percezioni sugli orizzonti esistenziali; doti che sono la vera ricchezza del consorzio umano.
Lo smarrimento della ragione individuale, nelle grandi aggregazioni, porta come conseguenza la dissoluzione in una collettività egocentrica .Questo però non vuol dire la rinuncia all " IO " individuale per un "NOI " sociale; tutt'altro.
Ci si spiega quindi come posa accadere che taluno pensi che il tutto possa essere instradato e poi governato da una elite o una oligarchia o da un Capo, dotato di una forte personalità.
A proposito del termine "uomo massa " esso richiama l'accezione " popolo " mai ben definito e meramente astratto come entità politica ; non si sa dove cominci ne dove finisca. Si dice spesso che esso è "sovrano"....questo aggettivo applicato al popolo è una vera e tragica burla. In verità sappiamo tutti che l'unica cosa che il popolo può fare di essa è delegarla perchè in realtà non ne esercita alcuna.
Si, ogni tanto gli si da l'illusione di essere sovrano è ciò consente di poter definire un regime come democratico.
Trasformazioni in atto nella Società e come la Politica,con le sue azioni,le influenza.
Politica e Valori
giovedì 30 giugno 2011
domenica 26 giugno 2011
LA CRISI DELLA POLITICA
La "politica " è lo strumento per mezzo del quale i "valori " investono la sfera pubblica ed è anche l'arena adatta per farli rispettare; è solo questo ? o dovremmo anche dire che sono i valori stessi che dovrebbero essere rispettati per scelta individuale!
La vita " morale ", nel pensiero Aristotelico, è quella che val la pena di perseguire per giungere al livello di eccellenza, dal punto di vista individuale ( Probi ).
Nel pensiero Kantiano la primaria ragione che può indurre a fare ciò che è corretto fare non sta nel fatto che essa sia di nostro gradimento o che coinvolga i nostri interessi, ma che essa, di per se, sia la cosa giusta da fare e perchè è doveroso farlo.
Queste riflessioni consentirebbero di argomentare si sui valori di riferimento, ma anche di introdurre la visione filosofica sull' "Etica ".
Cìò vale di più se si pensa che le decisioni che ricadono sulle teste dei cittadini sono assunte da persone al potere e sono esse stesse a valutare e decidere ciò che è importante , per chi ed infine chi è preminente per loro in base alla loro morale.
Quanto le riforme , in un quadro di valori, sono allocate dalla politica come rielaborazione degli atteggiamenti dei cittadini che esprimono valori, o come distribuzione di ciò che i cittadini apprezzano maggiormente?
Può accadere che tale distribuzione avvenga per mantenere o anche cambiare i valori di una popolazione e che che un governo decida di "educare " i cittadini ad una politica non condivisibile ma che ritiene necessaria ai suoi fini.
La crisi della politica nel nostro tempo è essenzialmente crisi di valori, prima ancora che di efficienza e le risposte che si tentano toccano i vari aspetti del vivere civile : la laicità,l'economia ,il lavoro ed il populismo; quest'ultimo,infine, produttore dei frutti avvelenati destinati a marcire nel canestro della Storia.
Occorre constatare che, negli ultimi tempi, essa si è aggravata e sta coinvolgendo tutti i pilastri della costruzione statuale, contraddicendo i valori ed i princìpi propri della democrazia rappresentativa nata dal pragmatismo di politici, le cui finalità avevano a che fare con forti e condivisi ideali che aspiravano alla costruzione di una nuova nazione, espressione di popolazioni con uguali radici di civiltà, sentimenti religiosi e voglia di libertà.
La vita " morale ", nel pensiero Aristotelico, è quella che val la pena di perseguire per giungere al livello di eccellenza, dal punto di vista individuale ( Probi ).
Nel pensiero Kantiano la primaria ragione che può indurre a fare ciò che è corretto fare non sta nel fatto che essa sia di nostro gradimento o che coinvolga i nostri interessi, ma che essa, di per se, sia la cosa giusta da fare e perchè è doveroso farlo.
Queste riflessioni consentirebbero di argomentare si sui valori di riferimento, ma anche di introdurre la visione filosofica sull' "Etica ".
Cìò vale di più se si pensa che le decisioni che ricadono sulle teste dei cittadini sono assunte da persone al potere e sono esse stesse a valutare e decidere ciò che è importante , per chi ed infine chi è preminente per loro in base alla loro morale.
Quanto le riforme , in un quadro di valori, sono allocate dalla politica come rielaborazione degli atteggiamenti dei cittadini che esprimono valori, o come distribuzione di ciò che i cittadini apprezzano maggiormente?
Può accadere che tale distribuzione avvenga per mantenere o anche cambiare i valori di una popolazione e che che un governo decida di "educare " i cittadini ad una politica non condivisibile ma che ritiene necessaria ai suoi fini.
La crisi della politica nel nostro tempo è essenzialmente crisi di valori, prima ancora che di efficienza e le risposte che si tentano toccano i vari aspetti del vivere civile : la laicità,l'economia ,il lavoro ed il populismo; quest'ultimo,infine, produttore dei frutti avvelenati destinati a marcire nel canestro della Storia.
Occorre constatare che, negli ultimi tempi, essa si è aggravata e sta coinvolgendo tutti i pilastri della costruzione statuale, contraddicendo i valori ed i princìpi propri della democrazia rappresentativa nata dal pragmatismo di politici, le cui finalità avevano a che fare con forti e condivisi ideali che aspiravano alla costruzione di una nuova nazione, espressione di popolazioni con uguali radici di civiltà, sentimenti religiosi e voglia di libertà.
martedì 21 giugno 2011
MITI ED IDENTITA'
E' intuibile il bisogno di identità presente, in forma inconscia, in ogni grande aggregazione umana. Deve esserci corrispondenza tra una definita identità collettiva e l'abbandono della propria specificità.La rinuncia, quindi, al proprio "Io " in favore di un ben definito e forte "Noi ".Questa anima collettiva è però un contenitore delle emozioni più primitive, forti e con un forte bisogno di credere ed un bisogno di identità i quali,se saputi intercettare,sono facilmente controllabili e governabili.
Mi riferivo,in un post, agli studi sull'immaginario collettivo utilizzabili, da chi è in grado di controllare la comunicazione, per mantenere una collettività dissociata dal razionale confronto con la realtà e tenuta all'interno di una realtà onirica, fatta di visioni immaginifiche e priva di precisi contorni.
Uno degli strumenti che la odierna esperienza politica ha visto utilizzato è il "Mito ", per sua natura capace di catturare e governare le emotività delle genti ed impossibile essere, da queste, verificato razionalmente.
Secondo uno psicologo francese , questo strumento si basa esclusivamente sulla fantasia e sulle necessità, avvertite dagli agglomerati sociali ,in relazione a presupposte esigenze egoistiche o di rivalsa e ad alcune aspirazioni.
La politica contemporanea ha molto lavorato, in questo senso, per inculcare il dubbio circa la bontà di certe Istituzioni o Costruzioni Statuali, riuscendo a trasformare una crisi di transizione o genetica di una modernizzazione,sia pur necessaria , in una crisi funzionale e di ripudio.
Si concretizza così che una società, integrata con le sue varie strutture politiche ed istituzionali, arrivi ad essere disorientata ed indifferente o addirittura ripudiarle.
L'aspetto nefasto di questo processo lo si può ben rilevare analizzando l'attuale crisi di identità che riguarda le basi soggettive e non solo emotive della appartenenza alla comunità politica consolidata del nostro paese. Essa rinvia al sentimento delle singole persone , di essere parte della medesima comunità e di sentire anche , come parte della stessa,certe altre soggettività.
Mi riferivo,in un post, agli studi sull'immaginario collettivo utilizzabili, da chi è in grado di controllare la comunicazione, per mantenere una collettività dissociata dal razionale confronto con la realtà e tenuta all'interno di una realtà onirica, fatta di visioni immaginifiche e priva di precisi contorni.
Uno degli strumenti che la odierna esperienza politica ha visto utilizzato è il "Mito ", per sua natura capace di catturare e governare le emotività delle genti ed impossibile essere, da queste, verificato razionalmente.
Secondo uno psicologo francese , questo strumento si basa esclusivamente sulla fantasia e sulle necessità, avvertite dagli agglomerati sociali ,in relazione a presupposte esigenze egoistiche o di rivalsa e ad alcune aspirazioni.
La politica contemporanea ha molto lavorato, in questo senso, per inculcare il dubbio circa la bontà di certe Istituzioni o Costruzioni Statuali, riuscendo a trasformare una crisi di transizione o genetica di una modernizzazione,sia pur necessaria , in una crisi funzionale e di ripudio.
Si concretizza così che una società, integrata con le sue varie strutture politiche ed istituzionali, arrivi ad essere disorientata ed indifferente o addirittura ripudiarle.
L'aspetto nefasto di questo processo lo si può ben rilevare analizzando l'attuale crisi di identità che riguarda le basi soggettive e non solo emotive della appartenenza alla comunità politica consolidata del nostro paese. Essa rinvia al sentimento delle singole persone , di essere parte della medesima comunità e di sentire anche , come parte della stessa,certe altre soggettività.
Iscriviti a:
Post (Atom)