Politica e Valori



La repubblica,nell'antichità, aveva due grandi collanti: la religiosità, fonte di tutte le certezze, attraverso soprattutto quegli augures che erano i buoni auspici degli Dei nei confronti delle scelte della polis, e i valori – ciò a cui dovevano aspirare le persone dabbene (probri): rem (le sostanze), fides (il credito), honos (gli onori legati al ruolo specialmente politico), gratia (il favore, la “gloria”). Tutto questo assicurava "la dignitas": una tensione verso l’alto coinvolgente, attraverso i mezzi di comunicazione dell’epoca, per la formazione di un’unica comunità che tendeva verso l’alto grazie al ruolo dell’esempio virtuoso.( da: Il Politico.it)

sabato 28 gennaio 2012

IL PARADIGMA DELLA CRESCITA

Quanti di noi si domandano: verso quali orizzonti è rivolto il nostro cammino? come si trasformeranno i nostri futuri comportamenti? quali e quante contaminazioni subirà la nostra cultura? quale sarà il nostro universo di riferimento con le sue Istituzioni e regole sociali che sono il nutrimento del nostro modo vedere e del nostro agire?


Ne secolo scorso( sembra ieri) abbiamo sperimentato una rapida e violenta rottura dei nessi esistenti tra diversi aspetti del nostro vivere; forse uno dei più importanti è quello che attiene l'esperienza visiva e quindi cognitiva della realtà ,in relazione all'immaginario collettivo,modificati dall'avvento della radio, del cinema ed infine della televisione.
Da quelle svolte viene modificata la percezione consolidata di un mondo fisico omogeneo e compatto.Infine,con l'avvento della psicanalisi,entra definitivamente in crisi l'individualismo classico con la dissoluzione dell'IO ed il tramonto del finalismo antropocentrico.


Più recentemente abbiamo cominciato a conoscere e sperimentare il concetto di "beni immateriali" e la loro scambiabilità.
Lo stesso concetto di "masse"trova la sua prima dura rappresentazione nelle carneficine della prima guerra mondiale e nella successiva nascita dei totalitarismi quale tentativo di un superamento del "numero" con la sua irreggimentazione e, successivamente alla seconda guerra mondiale, con la soluzione del problema "masse" attraverso la combinazione di un meccanismo di Welfare State ed una tutela costituzionale dei diritti di cittadinanza.
Il tentativo,quest'ultimo, di realizzazione di una utopia egualitaria che evitasse il rischio del propagarsi di un collettivismo autoritario.


Un relativamente breve lasso di tempo che ci catapulta nella nostra contemporaneità
e che ci restituisce una consapevolezza: "i limiti dello sviluppo", sui quali si infrange il mito del progresso perenne e delle collegate aspettative crescenti.
Quei limiti dello sviluppo che l'economia e la finanza globalizzati hanno drammaticamente reso evidenti costringendo l'uomo a non potersi più identificare con un "progetto" e disarmato di quelle certezze e rassicurazioni che ,per quanto aleatorie,lo avevano fino ad ora protetto contro le sorprese e le insidie del "non ancora avvenuto".
Sarebbe presuntuoso volersi cimentare in un esercizio della prognosi ipotizzando una topografia della posterità e nessuno può scommettere sull'esito delle correnti in movimento che in atto agitano le acque della nostra società e non solo.

Credo non sbagliasse di molto però, l'economista americano Ravi Batra dell'Università di Dallas nella sua prognosi che anticipava di qualche decennio il verificarsi di una crisi devastante, con ricadute politiche e sociali forse ancora più gravi di quelle verificatesi negli anni trenta.
Ci siamo, quindi, e non riusciamo ad aver nessuna certezza sul suo termine e sulle sue conseguenze.

venerdì 27 gennaio 2012

CRISI ECONOMICA E STABILITA' DEMOCRATICA

Molti teorici della stabilità politica, specie nei sistemi in fase di modernizzazione,postulano una stretta connessione tra il livello di istituzionalizzazione politica e livello di partecipazione politica.Bisogna però rilevare che in momenti di crisi di legittimità dei partiti specie sotto il profilo della rappresentanza,a causa della carente efficacia politica conferita all'elemento culturale proposto all'elettorato, l'elemento ideologico acquisisce rilevanza ove si persegua una ideologia alienata, contraria alla legittimità del sistema vigente.

Una tesi di Lipset enuncia:"tutti i vari aspetti dello sviluppo economico, compresi l'istruzione e la ricchezza,sono strettamente connessi così da formare un grande unico fattore che ha il suo correlato politico nella democrazia".

La ricchezza però non è una condizione irreversibile e tutto ciò trova conferma nella situazione attuale di molti sistemi democratici del nostro continente; viene da chiedersi allora dove,il dover rinunciare a qualcosa ,potrà condurre in termini di conflittualità sociale;

ma Lipset aggiunge anche:"la stabilità di una democrazia dipende non soltanto dallo sviluppo economico ma anche dalla effettività e legittimità del suo sistema politico".

Questa crisi ha forse il merito di aver fatto prendere finalmente coscienza alla opinione pubblica di quanto alti ed insostenibili siano diventati i costi della democrazia per la gestione, per quanto complessa, della nostra società.
Da quì la necessità avvertita di porre in essere risposte istituzionali in grado di lavorare bene e seriamente per affrontare,con buone probabilità di successo,le sfide che le attuali vicende economiche e finanziarie pongono in essere.
Da questo punto di vista la iscrizione delle competenze nei processi rappresentativi e decisionali, oltre che gli interessi collettivi,appare come prezioso contributo ad un corretto rapporto mezzi/fini.

MODERNIZZARE E LIBERALIZZARE

E' l'argomento principe del dibattito politico e sociale oltre che l'orizzonte, non so quanto raggiungibile, cui guarda la nuova governance nella quale si riverbera la decision - making del direttorio tecnico alla guida
 dell'Italia.

Un paese,il nostro,al cui sviluppo economico e di "relativa opulenza" ha corrisposto una carenza redistributiva della ricchezza e che appare più evidente e problematica nel momento in cui una  consolidata esplosione della domanda viene costretta alla rinuncia di "qualcosa"a causa di una intervenuta crisi economica.
L'elemento modernizzatore appare necessario debba essere quello delle liberalizzazioni che però trova un grande ostacolo nel corporativismo liberale nostrano,(diverso dal corporativismo organicista ed autoritario di altra epoca)che, nei confronti del governo dell'economia, si è strutturato come sistema istituzionalizzato di rappresentanza di interessi e che gestisce,in definitiva,i processi di formazione, decisione ed attuazione delle "politiche".
I nodi son venuti al pettine ora che tale modello(sembra un controsenso)viene rivisitato con altra ottica.
E' chiaro che esso sembra aver fallito con le sue funzioni di accumulazione capitalistica finalizzata alla crescita e di garanzia del consenso, centrato fino ad ora sui contenuti tipici del patto sociale che ,invece ,ha visto privilegiate determinate categorie di interessi piuttosto che altre nell'ambito delle politiche dei redditi.
L'aspetto che viene alla luce e che non promette nulla di buono sta tutto nelle reazioni di piazza da parte degli esclusi(mi piacerebbe scoprire quanto queste possano essere strumentalizzate e da chi).




Un modello in difficoltà di fronte ad una crisi socio-economica il cui elemento connotativo è la abnormità della spesa pubblica,il corrispondente debito nazionale e la mancanza di crescita.
Gli strumenti correttivi per far uscire il paese dal grave disagio economico, finanziario e sociale appaiono essere poco accettati poichè passano da una politica di contrazione della spesa pubblica , di compressione degli aspetti salariali e contrattuali del lavoro, di accettazione dell'aumento della disoccupazione,e di conseguente ridimensionamento dei consumi e dei servizi di carattere sociale lasciando in "zona franca"potenziali zone di intervento riguardanti determinati poteri forti.


E' evidente che quello che sembra saltato sia quel postulato collaborativo che fino ad ora aveva reso meno incisive le asperità di un conflitto sociale.

L'auspicio è che un criterio quanto più possibile unanimistico riesca a superare le situazioni conflittuali tra gli interessi sociali ed economici producendo delle scelte il più possibile collettive.