Politica e Valori



La repubblica,nell'antichità, aveva due grandi collanti: la religiosità, fonte di tutte le certezze, attraverso soprattutto quegli augures che erano i buoni auspici degli Dei nei confronti delle scelte della polis, e i valori – ciò a cui dovevano aspirare le persone dabbene (probri): rem (le sostanze), fides (il credito), honos (gli onori legati al ruolo specialmente politico), gratia (il favore, la “gloria”). Tutto questo assicurava "la dignitas": una tensione verso l’alto coinvolgente, attraverso i mezzi di comunicazione dell’epoca, per la formazione di un’unica comunità che tendeva verso l’alto grazie al ruolo dell’esempio virtuoso.( da: Il Politico.it)

mercoledì 27 febbraio 2013

PENSIERO E SENTIMENTO NELLA SOCIETA' DI MASSA









Les jeux sont fait. Gli obiettivi sono stati raggiunti: Lo si denota dalle espressioni soddisfatte ed un poco beffarde di coloro che escono vittoriosi dall'agone elettorale.
Le tecniche di persuasione hanno dato il loro frutto. Quello che rimane da verificare è se si tratta di un buon frutto o di un frutto avvelenato per la effettiva governabilità ed alla fine per la affidabilità del nostro Paese.


 Ancora una volta coloro che si possono considerare perdenti nella partita giocata tutta, anche indirettamente, sul terreno mediatico  non hanno tenuto nel debito conto la psicologia delle folle ed il comportamento della massa, che si può ben definire come "la grande quantità indistinta di persone che agisce in maniera uniforme" anche se sollecitata come singolarità.
Principale protagonista è stata certamente la incapacità di prevedere i comportamenti collettivi nei momenti di difficoltà e di penuria oltre che di sfiducia e disistima nei confronti delle varie istituzioni, politiche e governative.
Un imperdonabile deficit percettivo  di certa politica che  ha mal gestito , anzi che non è stata in grado di gestire, sia  l'aspetto psicologico dei comportamenti individuali sia quello sociologico, nella valutazione delle trasformazioni avvenute  nel frattempo nella società italiana, con un ridisegno del paesaggio sociale, molto diverso da quello delle classificazioni novecentesche.


Quella accezione di “uomo massa” che è stato generato dal progresso tecnologico  con i suoi effetti sul fattore lavoro , sui modelli produttivi ed infine sulla standardizzazione dei gusti e dei consumi.
Una massificazione,quindi,delle idee e dei bisogni . Una trasformazione che ha determinato una progressiva perdita della diversità individuale, con le sue doti critiche  e le sue percezioni sugli orizzonti esistenziali.
Una desolante mancanza di un ponte di senso tra la società e la sfera politica.


Quella politica che da troppo tempo ha smesso di far riferimento ai cosiddetti bisogni sociali che sono poi l'orizzonte di senso di ogni società umana per dedicarsi alla gestione del potere, fine a se stesso.
A ben riflettere quanto è stato confermato dal risultato del voto è un forte ed indiscutibile indicatore di quanto  uno smarrimento della ragione nell’aggregazione di massa ha determinato la dissoluzione delle realtà individuali in altre identità collettive ; non per nulla ho sentito evocare un immaginario costituito da una “nuova comunità”.

Quel che si è concretizzato al termine di questa tornata elettorale è una riedizione di quanto accaduto con la fine della prima repubblica caratterizzata dalla comparsa sulla scena politica di due movimenti  divenuti poi  i collettori sia della protesta contro la corruzione sistemica  che della diaspora partitica.
Questa nuova ondata  in modo sbrigativo la si potrebbe definire come un risveglio del Demos, deciso a riappropriarsi del suo diritto partecipativo alla gestione della cosa pubblica; ma ciò che è stato sancito dal voto è qualcosa di più articolato e complesso.
Quel che non si può sottovalutare è quel particolare rapporto che si può individuare tra un "meneur de foules" e le masse,che in sostanza è  un modo per la conquista del potere nelle moderne società industriali.


Appare evidente  quel bisogno di identità  che è presente in modo latente in tutti i grandi aggregati umani ;quella rinuncia alla propria specificità  è rivolta chiaramente alla creazione di una chiara identità collettiva. Disposti di fatto a rinunciare al proprio"io" in favore di un "noi" convogliato in un soggetto  dotato di una forte personalità : il meneur de foules, colui il quale è capace di cogliere le aspirazioni , i desideri  e che si dichiara capace di  realizzarli.

Una analisi degli studi scientifici sui comportamenti collettivi dice chiaramente che le folle non possono essere guidate dalla “ragione”, posto che  il loro “animo” è caratterizzato dal”sentire” e non dal “pensare” e l’individuo, considerato nella massa, ha bisogno di passioni, illusioni, animato da una volontà di credere; stranamente tutto ciò cresce nel momento in cui si concretizzano le disillusioni.

Questa analisi si attaglia perfettamente alla realtà sociale italiana ed alle sue elite che, attraverso il populismo, hanno abilmente fornito nuove illusioni in cui credere, mascherando l’assenza di programmi precisi, attuato un vero e proprio trasformismo riaffermando il tutto ed il contrario di tutto.
Si conferma così l’inconfutabilità delle illusioni e l’utilità dell’assecondare la volontà di credere  anche a costo di sacrificare la coerenza dei ragionamenti.

Non a caso molti storici autoritarismi ,nel loro decalogo ,hanno sempre ascritto espressioni come : La fede e non la ragione smuove le montagne; la gente ha sempre meno tempo per  pensare  ed è disposta incredibilmente a credere”.
Riportato  alla nostra attualità politica, si può ben comprendere come possa accadere che un leader possa essere destinatario di una vera e propria idolatria e quanto possa rimanere inalterata la fede in lui, malgrado tutto.


Questa specie di onnipotenza fa da sfondo al desiderio della massa di sottrarsi alla responsabilità del proprio agire di individui pensanti e liberi e la sua cessione è il prezzo che è disposta a pagare per una corrispondenza legittimata  a quel “modello” dei propri difetti e delle proprie carenze.

In definitiva la nuova realtà politica che si è delineata certifica una sconfitta della ragione  ed il prevalere di un sentimento che è anche un bisogno sempre più diffuso di speranze da veder trasformate in certezze  e che ha trovato una via nella fede verso  una comunità, attiva nelle decisioni di interesse generale.
Il timore, forte, è che  si instauri un regime di pericolosa anarchia , in un momento così delicato per il nostro
Paese e per la Comunità della quale esso è parte fondante e che si possa palesare  un potere che,guadagnato il consenso della folla ,non le conceda di fatto la rappresentanza ,distruggendone la libertà.



sabato 23 febbraio 2013

LE SCELTE CONSAPEVOLI



Reinhart Kosselleck,uno studioso tedesco i cui interessi spaziarono dalla storia alla filosofia, dalla sociologia alla antropologia,riteneva che la vita degli esseri umani è intessuta di esperienze e di aspettative; che le prime,sedimentandosi,delineano la sua storia e che questa non rimane confinata in una particella temporale, anzi può ripetersi.Riteneva anche che tanto più scarso è il bagaglio di esperienze tanto maggiore è l'aspettativa.

Tutto ciò articola i suoi effetti su ciò che è il passato , ciò che è il presente e ciò che si può guardare come futuro.

L'esperienza , in definitiva, consente di saggiare la rispondenza o lo scarto tra ciò che costituiva le aspettative di ieri  e le esperienze dell'oggi; e questo vale come parametro tra le aspettative dell'oggi con le esperienze future.


Questa analisi consente di avviare una prudente proiezione della contemporaneità verso il futuro con l'utilizzo cognitivo delle esperienze accumulate, per avere un chiaro sguardo su ciò che è stata una esperienza non conclusa, puntando su una previsione razionale piuttosto che su un auspicio  o un vaticino.

Difficili sono i momenti che la società attuale sta sperimentando  a causa dei molteplici aspetti sia politici che economici ; la natura debole del presente concretamente vissuto  e caratterizzato da un nuovo "vuoto della penuria" si è riversato in un cumulo  di sempre più pressanti istanze , inascoltate, di aspettative ri-protese verso un avvenire deserto di premesse fondanti  e quindi terreno fertile per una loro rielaborazione con un volto utopico, e di una attesa  quasi escatologica.

La potremmo definire la de-razionalizzazione di un immaginario frutto della dissipazione di un periodo  vissuto più come soggetti spettatori  che come protagonisti.




 Fino a qualche tempo fa la molteplicità dei beni materiali ed immateriali, intrisi di durata, ha permesso una identificazione con un progetto piuttosto che con la propria natura ; una identificazione fornita di rassicurazioni, certezze che per quanto aleatorie , in grado però di prevedere una certa protezione contro eventuali insidie da parte del di la da venire.
L'immaginario, questo, degli individui e delle masse, in gran parte costituito da aspirazioni, desideri, speranze.
Un futuro  immaginato nei recessi della mentalità come un presente più prospero  o con le medesime opportunità.
Un futuro concepito come campo di aspirazioni realizzabili, di attitudini creative e vocazioni psicologiche soddisfabili.
Quei sogni della ragione  che sono stati capaci di mettere in moto forze imponenti che hanno addirittura cambiato il corso della storia frutto di quello scarto tra cause ed effetti , tra premesse e conseguenze.

Questo ,invece, è un  momento nel quale ciascuno è chiamato ad utilizzare le esperienze acquisite  per saggiare quello scarto tra le aspettative di ieri e le esperienze di oggi  e per aver chiaro ciò che si può guardare come futuro.
Questo è il momento delle scelte consapevoli.

"L'avvenire che canta delle utopie rimane ancora silenzioso, in attesa di un qualche sussulto di coscienze assopite che ne rimetta la realizzazione all'ordine del giorno, mentre le opere concrete degli uomini che vi hanno creduto sono custodite definitivamente nei ripostigli del passato".


Pessimismo ? Forse.
Per parafrasare Calvino : Così, a cavallo del nostro tempo, ci affacceremo al futuro senza sperare di trovarvi nulla  di più di quello che saremo capaci di portarvi.
A buon intenditore.......................

lunedì 18 febbraio 2013

MOVIMENTI E GENESI DEMOCRATICA






Questo è un periodo particolarmente delicato per la scelta di un progetto di società dotato di un orizzonte futuribile e che inciderà in maniera irreversibile sulla vita della attuale generazione ed ancor più di quelle future.
Una fase della storia di questo Paese che sperimenta una frattura profonda tra una classe politica fortemente delegittimata  ed inadeguata alle sfide che gli scenari geopolitici ed il mercato globale impongono di affrontare con  estrema lucidità e competenza.

La crisi della politica  nel nostro tempo, come ho già detto, prima ancora che crisi di efficienza e di capacità a dare risposte ai vari aspetti che riguardano il vivere civile ,è soprattutto crisi di valori ,compresi quelli che contraddistinguono i principi della democrazia rappresentativa.

Un  vulnus  al principio di partecipazione in quanto costitutivo del processo democratico, che si sa  viene esplicato dal "demos" attraverso la partecipazione alle elezioni della rappresentanza.
Quella rappresentanza che deve essere intesa come somiglianza sociologica; come proiezione ,nel microcosmo rappresentativo , del macrocosmo sociale.
Un territorio collettivo, dunque, con le sue articolazioni di status, sia economico che sociale.

Non mi azzardo nemmeno a tentare di approfondire il ragionamento circa la rappresentatività "psicologica" cioè quella consonanza tra "demos" e "rappresentanza" che si dovrebbe risolvere in un "idem sentire de re pubblica".
Non è su questo che si basa anche la teoria  sulla "leadership carismatica  e populista ?
Per alcuni aspetti essa non è forse fondata sul presupposto di un "animus " del genere che consente ad un leader populista , anche non elettivo, di interpretare, esprimere i sentimenti profondi di una comunità ?

Occorre forse riflettere quanto quell' "animus" sia stato in grado di poter mettere in discussione ciò che  la democrazia dei moderni caratterizza, nell'elemento istituzionale "Repubblica",come sistema della rappresentanza quale specificità istituzionale dei regimi democratici.
Sarebbe utile alla comprensione misurare il peso semantico e funzionale della "partecipazione" nei suoi legami tra l'elettore  ed il rappresentante o la rappresentanza.
Sicuramente il principio "precetto" del mandato è un suo conferimento, attraverso il voto,e non può essere disatteso.

Anche considerando quanto la democrazia diretta , sollecitata da certe visioni populiste , sia poco praticabile per via della sua necessaria limitabilità a porzioni territoriali poco estese  ai fini della presenza fisica dei cittadini negli indirizzi e nelle decisioni e quindi limitabile alla "polis" , alla "città antica", è nell’aspetto tendenziale del cammino politico che questa forma di democrazia partecipativa  reclami  una sua rivincita sulla democrazia della rappresentanza. La democrazia è partecipazione, cantava Giorgio Gaber.

La modernità certamente sembra favorire questa voglia di cambiamento  con la sua rivoluzione informatica:
La potremmo definire come "Democrazia Elettronica"  nel cui contesto il potere potrà rivolgere interrogativi, fare proposte, indicare soluzioni  direttamente  al "demos" e questi potrà essere in grado di rispondere in tempo reale; una specie di grande e permanente assemblea in cui il "demos " dice la sua.
Chiarisco che non sono un "grillino".

La verità è che ostacolo importante è costituito dalla impossibilità ,ai tempi nostri, di far funzionare, a livello statale la democrazia diretta,considerato il processo economico troppo specifico della moderna società occidentale. lo spostamento degli affari politici agli affari economici; la necessità di affidare a pochi  ciò che la gente ( i molti ) non vuole e non può gestire da se ha per forza di cose creato una specie di  principio della divisione dei compiti  tra la "rappresentanza" per la cura stabile delle faccende politiche e tutti gli altri impegnati nelle faccende economiche ed esistenziali.

Per dirla alla Pareto , nel contesto di una eterogeneità sociale come espressione tra l'altro delle diversità tra gli uomini,si sono concretizzati due strati di popolazione : una classe eletta ( èlite) che governa  ed un'altra classe non eletta e che è governata.

 Questa specie di principio della divisione dei compiti è stato messo in crisi dalla inadeguatezza delle risposte politiche alla complessità delle ciclicità negative e portato ad una progressiva fase di distacco e di ritrovato interesse alla politica in maniera più consapevole e partecipativa .

Nei tempi recenti il "demos" è stato indotto alla ricerca della felicità privata  ed è rimasto indifferente agli affari politici cioè all'interesse alla gestione della res pubblica.
Quel meccanismo psico-esistenziale della ricerca della felicità , sollecitato dalla delusione per le disattese aspettative di un controllo politico  esercitato con puntualità procedurale  , con pertinenza  nella gestione della res pubblica  riconduce alla ricerca della felicità pubblica tralasciando la felicità privata.
Da qui la volontà di produrre un mutamento attraverso quegli strumenti che la stessa democrazia consente di utilizzare.


E’ chiaro il riferimento ai “Movimenti”che in questa fase politica si sono presentati alla ribalta dell’agone elettorale con chiari intenti di cambiamento.
Ma la definizione di Movimento di per se denota una varietà di interessi collettivi finalizzati a produrre il cambiamento nelle istituzioni sociali e nelle regole ed in quanto espressione di una collettività porta in se una fisionomia indefinita ed instabile nella sua membership ed una fluidità negli intenti.

Va da se che una forte  affermazione elettorale sancirebbe un mutamento che coinvolgerebbe il sottosistema sociale e vedrebbe in  prospettiva una interruzione delle caratteristiche delle relazioni sociali, istituzionali e persino le forme di vita quotidiana ma soprattutto una azione focalizzata nell’area pubblica e tale da pretendere di realizzare mutamenti istituzionali,legislativi e politici.
Parrebbe quasi la genesi di uno stato nascente in una dinamica trasformatrice e particolare modalità possibile di un mutamento sociale.
Un nuovo paradigma di comportamento collettivo contrapposto  al paradigma della mobilitazione delle risorse.

Una protesta ? Una rottura degli attuali paradigmi  ? La volontà di cambiare gli esistenti processi ,relazioni, istituzioni sociali  differenziandosi dal normale, dallo status quo.
Personalmente, dal dibattito in corso, vedo sottovalutate le implicazioni relative  che pur sono significative.
Molta attenzione e sottolineature sugli esordi  e tale fuoco sulle origini rischia di minimizzare l'attenzione sulle conseguenze.
Forse occorrerebbe porre l'attenzione sulla proliferazione della interazione tra l'incentivo ideologico e le plurime ragioni individuali che stanno alla base di una vasta scelta partecipativa.
 Una scelta che si manifesta come protesta ,che è contenitore della dissidenza  e che può diventare altro.