Politica e Valori



La repubblica,nell'antichità, aveva due grandi collanti: la religiosità, fonte di tutte le certezze, attraverso soprattutto quegli augures che erano i buoni auspici degli Dei nei confronti delle scelte della polis, e i valori – ciò a cui dovevano aspirare le persone dabbene (probri): rem (le sostanze), fides (il credito), honos (gli onori legati al ruolo specialmente politico), gratia (il favore, la “gloria”). Tutto questo assicurava "la dignitas": una tensione verso l’alto coinvolgente, attraverso i mezzi di comunicazione dell’epoca, per la formazione di un’unica comunità che tendeva verso l’alto grazie al ruolo dell’esempio virtuoso.( da: Il Politico.it)

giovedì 22 novembre 2012

IL DOGMA DELLA CRESCITA


Tutto parte dal significato vero  e quale sia il senso da attribuire all'essere soggetti della storia.
Padroni del principio di"Se", l'autoproduzione di se stessi , attraverso un lungo percorso che coinvolge  una umanità,affrancata dall'immaginario aristocratico e proiettata  in un nuovo immaginario : " l'homo faber", paradigma  fondante di una nuova umanità singolarizzata e proiettata verso uno sviluppo tecnologico e produttivo.


Un cammino forse illusorio posto che,nei fatti,quella "umanità" non si è realizzata  perchè  prodotto della stessa attività produttiva che, con la necessaria continuazione,insita in essa, gli si ritorce contro ancor prima della sua nascita.

Una singolarità sovrana e padrona del "Se" annullata, poi, nella organizzazione sistemica  della produzione e del consumo e ridotta a mera espressione di "bisogni di possesso" e motore di incrementi produttivi e mercato.
Una sovranità  risoltasi alla fine  in una frenesia  di produttività fine a se stessa e generatrice  di alienazione e dipendenza.

Occorrebbe forse abbandonare il dogma della crescita continua. Nella realtà in cui l'uomo è immerso  nulla cresce in maniera infinita.
Tutto ha un inizio ed una fine o una trasformazione.Quella della crescita  continua è la "perniciosa illusione generata dalla mente della altrettanto perniciosa nuova specie umana definita " l'homo economicus", parabola forse conclusiva dell'homo faber.
Per costoro ed i loro seguaci , il PIL è  il Totem, l'indiscutibile misuratore del benessere.


Quello che si sta vivendo è un momento decisivo di un cambiamento epocale ,alcuni lo definiscono la
"rivoluzione liberale" che, mandando in soffitta definitivamente  Keynes ed il Leviatano, ritiene di avere in mano  la terapia salvifica necessaria per sanare una crisi da essa stessa generata.

Un modello,quindi, e l'immaginario di un mondo che si contrappone ad un altro immaginario i cui paradigmi  sono il frutto di  fatica e lotte civili di intere generazioni e, fino ad oggi, un consolidato  dei rapporti sociali.

Un mondo,il primo, incentrato su un  blocco conservatore della finanza multinazionale,portatore di un modello economico basato sulla crecita ,sull'indebitamento ,sulla finanza creativa, sullo sfruttamento selvaggio delle risorse; l'altro, invece, portatore delle istanze di rinnovamento ,sia sociale che culturale, di una giusta attenzione alla sostenibilità, all'ecologia ed alle energie pulite; in definitiva un modello di de-crescita possibile.
Due scenari, due dinamiche, due prospettive tra loro inconciliabili.


Da una parte l’ostinata dittatura della civiltà della produzione finalizzata ai compulsivi  consumi di massa, del petrolio, della chimica , e della politica imposta dalla finanza e dai banchieri per il profitto fine a se stesso ; dall'altra le istanze per un modello di vita fatto di obiettivi dentro un immaginario che guardi non solo al presente ma anche e maggiormente al futuro delle persone e del pianeta.








lunedì 5 novembre 2012

DUE LEADERSHIP - DUE VISIONI



Quella a cui assistiamo è la narrazione di una crisi economica e sociale e la necessità, indotta dalla competizione elettorale, di accendere i riflettori sulle sue cause vere e profonde.
Si assiste ad una narrazione ma anche ad una altra narrazione che tenta di nascondere la verità sulle scelte precedenti l'attuale governance ed il legame di quelle scelte con le disastrose conseguenze che hanno interessato la "finanza", "l'economia reale" ed alla fine il "tessuto sociale".


Chi ne ha pagato e ne paga le conseguenze è proprio quest'ultimo, nella parte rappresentata da quella che viene definita la "classe media" americana che ha visto, specialmente nell'ultimo decennio ,calare in maniera impressionante il suo livello di benessere e sprofondare nella soglia di una nuova povertà.
Nella restante parte della composizione sociale coloro che erano i poveri sono diventati ancora più poveri ed i cosiddetti ricchi sempre più ricchi.


Queste sono state le conseguenze di una deriva oligarchica che ha dato origine alle politiche neoliberiste da Reagan  ai Bush con il "laissez fair" in un mercato senza regole e la pretesa di correggere il peso del debito pubblico americano con meno tasse ai ricchi e pesanti tagli al Welfare State.Quella, a ben vedere, fu una pretesa ipocrita!

L’America è certamente il prodotto di due società, quella dei ricchi e quella dei poveri, ma le proporzioni non sono quelle attese. Oggi l’America sembra più un’isola solitaria di ricchezza materiale in un oceano di povertà. L’1% della popolazione accumula il 20% (era l’8% al tempo di Kennedy) del reddito prodotto annualmente. Gli altri dati sono noti: disoccupazione al 10%, poche probabilità di trovare un impiego allo stesso stipendio di quello perso; cinquantenni in esilio permanente dal mondo del lavoro, ventenni con poche alternative.

  La rivoluzione reaganiana, il neoconservatorismo, le forze del mercato, le liberalizzazioni, l’attacco al ruolo del governo federale, sono stati alcuni degli eventi che hanno mosso il paese nella direzione di una crescente disuguaglianza economica. Una combinazione di fattori esogeni (in primis la globalizzazione e l’innovazione tecnologica) ed endogeni (la politica) ha contribuito a creare una situazione che la recessione ha reso intollerabile. L’individualismo e il darwinismo sociale hanno sostituito la solidarietà come principi regolativi della distribuzione della ricchezza.





Oggi il discorso non è più sulla distribuzione degli "onori" ma degli "oneri". Le rendite di posizione di chi
si trincera dietro ai benefici di cui ha goduto nell’ultimo mezzo secolo sono inevitabilmente diventate il bersaglio della critica di ampi strati dell’opinione pubblica americana. Ma rimane inalterata e altrettanto decisiva una questione: la fonte della disuguaglianza sta nelle istituzioni, nel contratto sociale, e quindi in ultima analisi nella politica? Oppure nella fabbrica sociale del paese, nella sua cultura, nei suoi valori? La presente situazione pone una  domanda : com’è possibile che in America il costo e il disagio siano misurabili soltanto in termine di ricchezza o povertà materiale? È possibile che in America si sviluppi un’idea della ricchezza, grazie alla quale i disagi della crisi non siano valutati soltanto in termini di flussi economici a favore di una classe sociale o l’altra, ma piuttosto di partecipazione solidale e condivisa dei costi della crisi da parte dell’intera comunità?



Non appare chiaro se  e come il Paese potrà arrivare ad una equa ripartizione degli oneri ma sicuramente chiaro che tutto ciò dipenderà dal tipo di rappresentanza politica rispetto ai disagiati  o a una nuova prospettiva etica. Così come non è ancora chiaro se si potrà arrivare ad una revisione del contratto sociale nel modo in cui si è andato articolando nello scorso mezzo secolo, oppure della cultura che si è contestualmente sviluppata. Sembrano domande teoriche, ma evidentemente non lo sono. Rimane da capire  se prevarrà la proposta di  un’estensione dell’individualismo egoista oppure quella del ritorno al solidarismo sociale.



Solo una diversa visione ha tentato di porvi  rimedio  e le scelte della attuale politica presidenziale  con delle leggi di indirizzo economico sono andate in una direzione che in pratica ha avuto dei risultati positivi ,se si pensa al salvataggio della industria automobilistica americana e delle centinaia di migliaia di posti di lavoro ad essa legati . Non è  poco!!

Qualcuno forse dimentica che le elezioni  "mid term" hanno consegnato la maggioranza alla Camera proprio ai Repubblicani rendendo facili le loro azioni ostruzionistiche, ad esempio verso" l'American Job Act" che, con i miliardi di dollari da destinare ad investimenti ed a sgravi fiscali, avrebbe consentito una maggiore ripresa della economia americana.


Il"New deal"  Obamiano  ha avuto  una direttrice chiara nel Recovery Act del 2009 ma è stato impantanato.


sabato 3 novembre 2012

IL SOGNO AMERICANO E LE LEADERSHIP



Per noi cittadini di un continente dalla storia plurisecolare credo non sia semplice dare una precisa connotazione a questa espressione, sia essa riferita all'aspetto valoriale, perchè di valori certamente si tratta, quanto all'aspetto materiale delle condizioni sociali.


Eppure è proprio dal nostro continente che migrò il seme dal quale sarebbe nata poi la pianta dai molteplici rami : la speranza, la determinazione, la libertà individuale,l'intrapendenza operosa e nel contempo il sacrificio e  solidarietà .
Germoglio e frutto maturato di una democrazia.

La lunga narrazione di quel sogno parla di un idem sentire che teorizza ed aspira al  raggiungimento  del benessere, della felicità; quella che viene enfatizzata come diritto e garanzia costituzionale.


 


Non si può però, non vedere in tutto questo una grande contraddizione ; quella che proclama questo diritto garantito ma che non tiene  in nessuna considerazione la natura degli uomini che,come individui facenti parte di un qualsivoglia gruppo sociale, non nascono tutti eguali per potenziali capacità.Non tutti, quindi, malgrado le aspirazioni,la operosità e la libertà individuale , riescono a coniugare ad esse quel tipo di determinazione necessaria al superamento degli  ostacoli che si possono frapporre, nessuno escluso, pur di giungere alla affermazione di se ed al successo.


Da questo discende una composizione stratificata della società  nella quale parte di essa, quella che per vari motivi non riesce ad andare oltre i propri limiti, diventa oggetto di una connotazione,quasi parassitaria, nei confronti di quella parte che, avendone le doti e grazie al contesto, è riuscita a realizzare le proprie aspirazioni ed anche oltre e che considera la solidarietà un freno dannoso alla crescita economica.


Mi piace riportare una considerazione che rispecchia il pensiero intimo che caratterizza una parte della società americana, e non solo. Lo riporto come  un epitaffio :
Attenti agli uomini comuni, alle donne comuni, attenti al loro amore, il loro è un amore comune, che mira alla mediocrità. ( Bukowski )

E' anche vero che il sogno americano rivela alla sua base una ideologia, quella capitalista che assegna alla responsabilità di ciascun individuo l'onere del raggiungimento del suo benessere economico e dunque del suo successo sociale o del suo fallimento,da esibire  o subire ,ma in solitudine kopperiana.

E' questo il dogma della predestinazione  insito nella tradizione calvinista e protestante in genere che attribuisce all'individuo , attraverso il suo operare in assoluta liberta' nell'agire, il dovere di raggiungere il suo benessere  materiale  e conseguentemente il benessere della nazione in senso capitalistico.
Non più l'operosità ed il profitto quali mezzi per il benessere  ma quale fine quasi in senso religioso per la accumulazione capitalistica. Non più un valore ma una ideologia.

Una ideologia che supporta un sogno al di la della pretesa di un diritto alla felicità di cui tuti sono destinatari  e che si deve realizzare attraverso il libero mercato e dove il merito dell'intrapresa  non può essere frenato da pesi sociali che ostacolano la dinamica di uno sviluppo economico  sempre crescente.
Da quì la necessità di polarizzare la distribuzione del reddito tra capaci ed incapaci, tra i creatori di riccheza  e coloro che tali non sono.
La più grande democrazia occidentale con le più grandi diseguaglianze!




Come superare questa contraddizione  ?

Il sei di novembre gli elettori americani, o quanti,specie giovani, riusciranno a superare le mille diffcoltà che vengono artificiosamente e pretestuosamente frapposte alla possibilità di registrarsi e quindi esprimere il proprio consenso, saranno chiamati a  scegliere se continuare il percorso che l'attuale leadership sta faticosamente pilotando malgrado  gli ostruzionismi ed i veti  di un congresso ostile, dominato  dagli avversari,  che sono poi gli artefici della crisi gravissima che ha scosso l'economia americana e non solo.


I cittadini americani danno l'impressione di non avere una memoria ferrea e lucida se non riescono a mantenere vivo il ricordo dell'avventurismo guerriero in nome di una democrazia da esportare ed avente come ispiratrici le lobbies degli armamenti e petrolifere. Molti piangono i loro morti sull'altare del profitto dei pochi che pretendono di riprendere a guidare una grande nazione asservita ai loro interessi.