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Politica e Valori

lunedì 18 febbraio 2013
MOVIMENTI E GENESI DEMOCRATICA
Questo è un periodo particolarmente delicato per la scelta di un progetto di società dotato di un orizzonte futuribile e che inciderà in maniera irreversibile sulla vita della attuale generazione ed ancor più di quelle future.
Una fase della storia di questo Paese che sperimenta una frattura profonda tra una classe politica fortemente delegittimata ed inadeguata alle sfide che gli scenari geopolitici ed il mercato globale impongono di affrontare con estrema lucidità e competenza.
La crisi della politica nel nostro tempo, come ho già detto, prima ancora che crisi di efficienza e di capacità a dare risposte ai vari aspetti che riguardano il vivere civile ,è soprattutto crisi di valori ,compresi quelli che contraddistinguono i principi della democrazia rappresentativa.
Un vulnus al principio di partecipazione in quanto costitutivo del processo democratico, che si sa viene esplicato dal "demos" attraverso la partecipazione alle elezioni della rappresentanza.
Quella rappresentanza che deve essere intesa come somiglianza sociologica; come proiezione ,nel microcosmo rappresentativo , del macrocosmo sociale.
Un territorio collettivo, dunque, con le sue articolazioni di status, sia economico che sociale.
Non mi azzardo nemmeno a tentare di approfondire il ragionamento circa la rappresentatività "psicologica" cioè quella consonanza tra "demos" e "rappresentanza" che si dovrebbe risolvere in un "idem sentire de re pubblica".
Non è su questo che si basa anche la teoria sulla "leadership carismatica e populista ?
Per alcuni aspetti essa non è forse fondata sul presupposto di un "animus " del genere che consente ad un leader populista , anche non elettivo, di interpretare, esprimere i sentimenti profondi di una comunità ?
Occorre forse riflettere quanto quell' "animus" sia stato in grado di poter mettere in discussione ciò che la democrazia dei moderni caratterizza, nell'elemento istituzionale "Repubblica",come sistema della rappresentanza quale specificità istituzionale dei regimi democratici.
Sarebbe utile alla comprensione misurare il peso semantico e funzionale della "partecipazione" nei suoi legami tra l'elettore ed il rappresentante o la rappresentanza.
Sicuramente il principio "precetto" del mandato è un suo conferimento, attraverso il voto,e non può essere disatteso.
Anche considerando quanto la democrazia diretta , sollecitata da certe visioni populiste , sia poco praticabile per via della sua necessaria limitabilità a porzioni territoriali poco estese ai fini della presenza fisica dei cittadini negli indirizzi e nelle decisioni e quindi limitabile alla "polis" , alla "città antica", è nell’aspetto tendenziale del cammino politico che questa forma di democrazia partecipativa reclami una sua rivincita sulla democrazia della rappresentanza. La democrazia è partecipazione, cantava Giorgio Gaber.
La modernità certamente sembra favorire questa voglia di cambiamento con la sua rivoluzione informatica:
La potremmo definire come "Democrazia Elettronica" nel cui contesto il potere potrà rivolgere interrogativi, fare proposte, indicare soluzioni direttamente al "demos" e questi potrà essere in grado di rispondere in tempo reale; una specie di grande e permanente assemblea in cui il "demos " dice la sua.
Chiarisco che non sono un "grillino".
La verità è che ostacolo importante è costituito dalla impossibilità ,ai tempi nostri, di far funzionare, a livello statale la democrazia diretta,considerato il processo economico troppo specifico della moderna società occidentale. lo spostamento degli affari politici agli affari economici; la necessità di affidare a pochi ciò che la gente ( i molti ) non vuole e non può gestire da se ha per forza di cose creato una specie di principio della divisione dei compiti tra la "rappresentanza" per la cura stabile delle faccende politiche e tutti gli altri impegnati nelle faccende economiche ed esistenziali.
Per dirla alla Pareto , nel contesto di una eterogeneità sociale come espressione tra l'altro delle diversità tra gli uomini,si sono concretizzati due strati di popolazione : una classe eletta ( èlite) che governa ed un'altra classe non eletta e che è governata.
Questa specie di principio della divisione dei compiti è stato messo in crisi dalla inadeguatezza delle risposte politiche alla complessità delle ciclicità negative e portato ad una progressiva fase di distacco e di ritrovato interesse alla politica in maniera più consapevole e partecipativa .
Nei tempi recenti il "demos" è stato indotto alla ricerca della felicità privata ed è rimasto indifferente agli affari politici cioè all'interesse alla gestione della res pubblica.
Quel meccanismo psico-esistenziale della ricerca della felicità , sollecitato dalla delusione per le disattese aspettative di un controllo politico esercitato con puntualità procedurale , con pertinenza nella gestione della res pubblica riconduce alla ricerca della felicità pubblica tralasciando la felicità privata.
Da qui la volontà di produrre un mutamento attraverso quegli strumenti che la stessa democrazia consente di utilizzare.
E’ chiaro il riferimento ai “Movimenti”che in questa fase politica si sono presentati alla ribalta dell’agone elettorale con chiari intenti di cambiamento.
Ma la definizione di Movimento di per se denota una varietà di interessi collettivi finalizzati a produrre il cambiamento nelle istituzioni sociali e nelle regole ed in quanto espressione di una collettività porta in se una fisionomia indefinita ed instabile nella sua membership ed una fluidità negli intenti.
Va da se che una forte affermazione elettorale sancirebbe un mutamento che coinvolgerebbe il sottosistema sociale e vedrebbe in prospettiva una interruzione delle caratteristiche delle relazioni sociali, istituzionali e persino le forme di vita quotidiana ma soprattutto una azione focalizzata nell’area pubblica e tale da pretendere di realizzare mutamenti istituzionali,legislativi e politici.
Parrebbe quasi la genesi di uno stato nascente in una dinamica trasformatrice e particolare modalità possibile di un mutamento sociale.
Un nuovo paradigma di comportamento collettivo contrapposto al paradigma della mobilitazione delle risorse.
Una protesta ? Una rottura degli attuali paradigmi ? La volontà di cambiare gli esistenti processi ,relazioni, istituzioni sociali differenziandosi dal normale, dallo status quo.
Personalmente, dal dibattito in corso, vedo sottovalutate le implicazioni relative che pur sono significative.
Molta attenzione e sottolineature sugli esordi e tale fuoco sulle origini rischia di minimizzare l'attenzione sulle conseguenze.
Forse occorrerebbe porre l'attenzione sulla proliferazione della interazione tra l'incentivo ideologico e le plurime ragioni individuali che stanno alla base di una vasta scelta partecipativa.
Una scelta che si manifesta come protesta ,che è contenitore della dissidenza e che può diventare altro.
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