Politica e Valori



La repubblica,nell'antichità, aveva due grandi collanti: la religiosità, fonte di tutte le certezze, attraverso soprattutto quegli augures che erano i buoni auspici degli Dei nei confronti delle scelte della polis, e i valori – ciò a cui dovevano aspirare le persone dabbene (probri): rem (le sostanze), fides (il credito), honos (gli onori legati al ruolo specialmente politico), gratia (il favore, la “gloria”). Tutto questo assicurava "la dignitas": una tensione verso l’alto coinvolgente, attraverso i mezzi di comunicazione dell’epoca, per la formazione di un’unica comunità che tendeva verso l’alto grazie al ruolo dell’esempio virtuoso.( da: Il Politico.it)

giovedì 22 settembre 2011

IL CREPUSCOLO DELLO STATO SOCIALE

L'idea che una autorità politica  provveda e tuteli postulanti e bisogni,oltre che regolamentare i conflitti, è antica (Leviatano)

Dalla fine dello scorso secolo sono mutati  il rapporto tra "Stato" e "Cittadini"  e le politiche sociali messe in campo dai governi che si sono succeduti.
I sistemi economici e politici sono stati quindi caratterizzati  quali gestori di una crescente spesa pubblica generata da tali politiche che, per converso, sono state un efficace indicatore  delle capacità di garantire la "giustizia sociale"  da parte di quei sistemi e del potere politico.
La necessità del potere politico di mantenere il consenso sociale  ha, però, costretto il sistema economico  a delle fughe in avanti sul piano delle spese sociali alle quali non hanno sempre corrisposto  incrementi della produttività.

               Sul piano concettuale la  politica Keynesiana che considerava la spesa pubblica come volano
 della propensione agli investimenti ed ai consumi, ma che era considerata  dai fautori delle dottrine monetaristiche (Milton Friedman) insostenibile,dovette lasciare il passo all'idea del libero mercato, per un verso caratterizzato dalla massima liberalizzazione e  per un altro verso dall'equilibrio monetario  dei bilanci statali.

Sarebbe lungo riportare e commentare i diversi scenari sia in italia che negli altri stati occidentali ;basta citare
la devolution  Reaganiana in USA e le liberalizzazioni della Thatcher in Gran Bretagna che decretarono il declino delle politiche Keynesiane  e la vittoria del liberismo.
Oggi essere liberali, ormai in chiave  liberista ,è considerato un merito riformistico; infatti si parla di rivoluzione liberale e di riforme epocali.
In sostanza  si è passati dal ricorso assoluto alla maestà dello Stato, come centro propulsore del benessere o delle risorse necessarie al vivere quotidiano,alla centralità del mercato come fulcro dello sviluppo, della ricchezza delle nazioni e del benessere privato.

Quando si è fatto riferimento alle trasformazioni antropologiche, delle quali si ha finalmente una chiara
percezione , non si è evidenziato che esse sono emerse nel tempo apologetico del liberalismo o più precisamente del neo-liberismo.
Sicuramente occorre tenere in conto il contesto occidentale , anzi mondiale, che è andato e va modificandosi per effetto di un ridisegnarsi degli spazi e delle diseguaglianze lungo delle direttrici non più riconducibili ad una divisione nord-sud  o ad aree diverse, ormai globalizzate.
Lo stesso paesaggio sociale va ridisegnandosi a causa di nuove forme di potere e di controllo delle masse che sono riusciti ad insinuarsi nei più profondi gangli della soggettività, rimodulata in modo funzionale  alla subordinazione delle menti e dei corpi agli imperativi del capitalismo ed alle sirene del consumismo e dello edonismo.
Tutto ciò fa essere consapevoli che il "popolo" , la "società civile" sono soltanto  soggetti passivi di questo scenario, senza alcun protagonismo.
Il popolo, lo si è già detto, moltitudine di singolarità che operano e vengono amministrate, segmentate nell'ambito di una massa eterogenea.
Cosa dire della  società, oramai totalmente privata  da qualsiasi spazio di mediazione  sulle varie priorità e sugli interessi contrapposti, essendo questo ormai articolato dalle logiche di dominio.
Nella concezione liberale dell'individualismo non esiste antagonismo tra "società" ed "undividuo"  posto che l'uomo è un animale sociale che necessita del rapporto con altri simili per raggiungere i suoi scopi.
In essa si rifiuta la subordinazione dei fini particolari  a quelli collettivi  poichè,secondo quella visione, il perseguimento dei propri interessi personali condurrebbbe necessariamente all'armonia sociale. Inoltre, la creazione di ricchezza individuale contribuirebbe  anche all'interesse collettivo. Come dire : dove c'è ricchezza (di pochi) , la povertà (di molti) ne può trarre beneficio. 

In conclusione: come possiamo definire l'epoca alla quale apparteniamo e quali possono essere i giudizi di valore riferibili alle istituzioni, ai comportamenti, alle culture che sono il nutrimento del nostro modo di vedere e di agire, che delineano i confini del nostro universo di riferimento ,significati sociali ed orizzonti di senso?

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